ROMA — È la banda il Panda della musica, l'«animale culturale» a rischio estinzione. Le storiche bande di paese, abbandonate dallo Stato, sono allo sbando e potrebbero chiudere. «Chiamiamo le cose come sono: è un delitto culturale», tuona Riccardo Muti. Il 14 giugno, per la prima volta nella sua carriera, al Ravenna Festival dirigerà una banda. Può sembrare una provocazione culturale, in realtà è un modo per richiamare l'attenzione su una realtà liquidata frettolosamente come un genere fuori moda. «Il mio vuole essere un omaggio alla crisi di tutte le bande d'Italia». Con lui risuoneranno gli squilli della banda di Delianuova, 80 ragazzi che suonano nella terra della 'ndrangheta, in provincia di Reggio Calabria; è il piccolo miracolo dell'Aspromonte, dove la musica non arriva. «Le bande rappresentano, per tante città del nostro paese, l'unica occasione di ascoltar musica, spesso gratuitamente». Muti aprirà e chiuderà il concerto, con le Sinfonie di Nabucco e Norma, «per sottolineare a chi di dovere l'importanza assoluta delle bande musicali».
«DIPENDONO DALL'ASSESSORE DI TURNO»
Ma le 3 mila bande italiane dipendono dalla sensibilità dell'assessore
di turno. Servono soldi per l'acquisto degli strumenti, gli spostamenti,
i locali per le prove, i corsi di formazione. «Non devono essere
istituti assistenziali, chi è responsabile non può alzare le spalle con
un vago sorriso ma ha l'obbligo di mantenere in vita queste compagini,
dobbiamo dare uno stipendio a chi porta diletto e cultura in posti dove
raggiungere un teatro è impossibile». Muti ha già ascoltato i ragazzi
dell'Aspromonte quando andò con la sua Orchestra Cherubini a Reggio
Calabria: «È un gruppo meraviglioso di strumenti a fiato con una
disciplina artistica e umana straordinaria; hanno un portamento che
sembrano usciti dai collegi più prestigiosi di Oxford; hanno passione e
amore». Si ferma: «Hanno di-gni-tà». Il maestro ha passato la Pasqua a
Molfetta, la sua città, dove ha seguito «le processioni del Sud, quelle
dei Misteri, una tradizione centenaria sempre seguita dalle bande. Ho
conosciuto fior di strumentisti, che venivano dalle bande ». Muti vuole
sciogliere il nodo del disinteresse, il luogo comune delle marcette
militari e delle fanfare: «Banda non è sinonimo di qualità inferiore, né
di strumenti popolari e di bocca buona con cui ci si può arrangiare. Al
contrario, sono strumenti nobili, pensate a Verdi quanto deve alle bande
che ascoltava da ragazzo, e che lui usa per annunciare l'arrivo del re
Duncano nel Macbeth». E in epoca moderna Stravinskij e Hindemith. «E
prima ancora Bellini, Berlioz, Spontini che nel second'atto dell'Agnese
di Hohenstaufen usa una banda enorme che fa la funzione dell'organo ed è
uno dei momenti sublimi di quell'opera». Ha passato tante serate a
sentire le bande, a Lanciano, a Francavilla, a Besana Brianza dove
l'hanno fatto cittadino onorario: «Usano strumenti che non ci sono nelle
orchestre, le oficleidi, i flicorni, i bombardini, la famiglia dei
sassofoni, l'eufonio che sembra un bel nome antico ed è un corno
tenore». Il grande impulso nel repertorio bandistico avvenne durante la
Rivoluzione francese, si trattava di riempire la vita associata con
nuovi rituali, odi e inni, non solo quelli chiesastici. «All'estero i
paesi civili hanno bande meravigliose. I nostri ragazzi delle bande
hanno studiato nei conservatori, non dal padre che ha il negozio da
barbiere».
«TOTO' DIRETTORE MANCATO»
Maestro, ricorda Totò a colori, quando dirige la banda come un pupo
siciliano? «Un grande attore, un poeta, l'autore di Malafemmena. In quel
film fa un gesto musicale in forma di gioco, ma ogni gesto è di una tale
precisione che non è solo a ridosso della musica, evoca il suono che sta
per produrre. Se Totò avesse fatto il direttore d'orchestra, sarebbe
stato uno dei più grandi del secolo. Sarebbe bene mostrare alle classi
di direzione d'orchestra Totò che dirige la banda, non solo quando fa il
tric trac e i mortaretti ma nei pizzicati, nei legati, negli staccati,
per capire che una certa mimica è in diretto contatto con la musica».
La missione possibile di Muti a Ravenna: ridare nobiltà al repertorio
bandistico.
Valerio Cappelli
27 Marzo 2008